ᴏʀʟᴀɴᴅᴏ ᴇ ɪʟ ᴠɪᴄɪɴᴏ ᴄᴜʀɪᴏsᴏ


Il vicino di Orlando, attirato dai forti rumori, nottetempo si è spinto fino alla sua porta, dove ha sbirciato l’accaduto. Ora ne vuole approfittare.

Orlando era andato a lavorare con una strana sensazione. Una volta rimossa la breve ma preoccupante conversazione col vicino di casa (vedi il racconto Orlando e il marchio del diavolo), si era recato al lavoro con un’intensa, prepotente erezione. I suoi attillati pantaloni lasciavano poco spazio all’immaginazione, e più di una volta gli era sembrato che qualcuno, in metropolitana, lo stesse fissando proprio lì. Al lavoro, il cazzo gli si era pian piano ammosciato, ma l’erezione aveva lasciato il posto ad un’intensa voglia che, dal culetto, gli si era propagata in tutto il corpo. Gli sembrava che tutto quello che toccava gli producesse sensazioni amplificate. La camicia, improvvisamente, gli solleticava in modo seducente i capezzoli ad ogni movimento. La stoffa, che normalmente non gli avrebbe provocato alcuna reazione, ora gli sembrava seducente, come se gli inevitabili sfregamenti fossero enormemente più piacevoli del normale. La texture del lino era così ruvida e porosa, così tremendamente invitante, che un paio di volte si era ritrovato, inconsapevolmente, a sfregarsela addosso. I boxer che aveva indossato (dei normalissimi boxer bianchi di cotone), ora sembravano stretti e molto più attillati del normale. Sentiva una pressione al cazzo e alle palle che rendevano difficile anche solo concentrarsi su ciò a cui stava lavorando. Il capo, che era sempre stato dispotico ed autoritario, non aveva perso occasione per redarguirlo davanti a tutti, facendolo vergognare. Non ci aveva fatto quasi caso, concentrandosi sulle sensazioni che gli provoca lo sfregamento del culetto sulla sedia. Aveva preso a muoversi avanti e indietro, solo per sentire quanto era piacevole sfregarvisi contro. Era andato avanti così, quasi imbambolato, e spesso in preda a tremende erezioni, per tutto il giorno. 

Arrivò a casa stremato, verso le 18. Gli sembrava che tutti lo guardassero in modo diverso, specialmente il capo. Sperò di essersi sbagliato. Non aveva fatto in tempo a spogliarsi, che aveva sentito il campanello. Andando ad aprire, si vide davanti il vicino di casa. Una strana sensazione lo attraversò, e l’altro sembrava essersene accorto: un lampo di consapevolezza gli attraversò il volto, e subito dopo il ghigno che gli aveva visto la mattina gli comparve sulle labbra.

“Buonasera, Orlando”

“Buonasera Jonas, a cosa devo il piacere?”

“Ho finto lo zucchero”

Era una scusa terribile, la peggiore che avesse mai sentito. Non si stava nemmeno impegnando per dissimulare, era palese che la scusa fosse fiacca e del tutto inverosimile.

“E dal momento che il caffè mi piace zuccherato” continuò Jonas “mi chiedevo se potessi…”

“Ma certo, prego” disse Orlando, scostandosi per lasciarlo entrare.

L’altro entrò con noncuranza nell’appartamento, senza perdere di vista Orlando, che iniziava a sentirsi in soggezione di fronte al suo sguardo penetrante.

“Lo ho in cucina ovviamente, vieni pure” disse incamminandosi con Jonas alle calcagna.

“Sai…” e per la prima volta sembrava esitante “oggi ho fatto un uso spropositato di caffè, ecco perché mi è finito lo zucchero. E sai il perché, Orlando?”

Orlando si bloccò col braccio teso verso lo scaffale in cui teneva lo zucchero.

“Dovresti saperlo” disse Jonas con un sorrisetto beffardo “ho preso tanti caffè perché il mio vicino di casa ieri notte ha fatto un baccano infernale” e scandì bene quest’ultima parola.

“Un baccano tale, in effetti, da attirarmi…” 

No, pensò Orlando, non poteva essere…

“E la cosa strana” proseguì Jonas “è stata che una persona dall’aspetto molto strano ha aperto la tua porta quel tanto che bastava da permettermi di guardare.”

Orlando sentì qualcosa di strano farsi strada dentro di sé. Era spaventato, ma iniziava a farsi un’idea di cosa stava per accadere – e non poteva negarlo: l’idea gli piaceva.

“Quindi ora” disse piano Jonas “so di avere un vicino di casa che è una gran troia… e non mi farò sfuggire l’occasione di goderne anche io”

Orlando era ancora voltato verso lo scaffale, bloccato con il braccio teso verso l’alto, verso l’anta aperta in cui teneva lo zucchero. Si sentì afferrare da dietro. Jonas gli aveva cinto con le mani il corpo: con una mano ora gli afferrava la gola, con l’altra il torace, sentiva il suo pacco premergli contro il culetto. A meno che non si stesse sbagliando di grosso, aveva il cazzo durissimo. Avvicinò la bocca all’orecchio di Orlando, in modo da poter sussurrare.

“E non dirmi che la cosa non ti attira… ho visto come stavi godendo ieri notte”

E, per sottolineare il suo pensiero, infilò una mano sotto la camicia di Orlando, arrivando ad un capezzolo e stringendolo forte. Nel frattempo, gli morse il collo. Orlando sentiva i suoi denti mordere la giugulare. Si sentiva annientato, ma nello stesso tempo eccitato dalla situazione. Sollevò una gamba, fino a mettere il ginocchio sul piano della cucina. Così facendo, aveva il culetto totalmente a disposizione del ragazzo. Sapeva cosa stava facendo: si stava offrendo… e la cosa gli piaceva tremendamente. Jonas sembrò accorgersene: spostò velocemente la mano dal collo al culetto di Orlando. Gli tirò giù i pantaloni quel tanto che bastava per poter accedere al suo buchetto. 

“Però… ho fatto davvero centro stavolta” disse Jonas, e orlando si sentì inorgoglire. Andava fiero del suo culetto.

A quel punto, Jonas spostò la mano dal capezzolo alla bocca di Orlando.

“Lecca, da bravo… ti conviene usare tutta la saliva che puoi”

Non se lo fece ripetere due volte, prese a succhiare le due dita che Jonas gli aveva messo – senza tanti indugi – in bocca. Subito dopo, sentì quelle stesse due dita appoggiarsi sul suo buchetto rosa. Jonas iniziò a spingere, e il suo culetto si schiuse, lasciandole entrare. Orlando mugolò piano. Gli piaceva sentire quel contatto; sentire che le dita di un (quasi) perfetto estraneo si facevano strada dentro di lui lo faceva sentire una cagnetta in calore. Fu allora che Jonas vide il marchio che il demone aveva lasciato la sera precedente: due labbra nere (sembravano un tatuaggio decisamente ben fatto) che contornavano il culetto di Orlando. Se lo aspettava, aveva assistito alla scena. Erano un invito… un invito a servirsi di lui.

Jonas, ormai, non ce la faceva più a resistere al richiamo di un culetto così bello. Strappò la camicia di Orlando, facendo volare via tutti i bottoni, e calò pantaloni e boxer contemporaneamente, fino a sfilarglieli del tutto. Dal canto suo, Orlando vedeva un enorme bozzo sulla patta di Jonas, che ormai faceva fatica a contenere il suo cazzo – un cazzo che Orlando iniziava ad immaginarsi come bello, grande, venoso, pronto per penetrarlo… il solo pensiero lo faceva bagnare. Di sua spontanea volontà, Orlando mise una mano sulla patta dei pantaloni di Jonas. Quest’ultimo lo guardò e disse:

“Avanti… so che lo vuoi”

Orlando aprì velocemente i pantaloni di Jonas, fino a trovarsi davanti ad un cazzo di tutto rispetto, già duro. Si inginocchiò. Aprì la bocca e tirò fuori la lingua, prese il cazzo di Jonas con una mano e lo sbattè con una certa violenza sulla sua lingua. Poi iniziò a passare la lingua sul membro, partendo dalla base e andando fino alla punta. Gli piaceva l’odore, il sapore e la consistenza di quel cazzo. Jonas, dal canto suo, iniziò a gemere, e mise una mano sulla testa di Orlando. Accarezzare i suoi riccioli gli dava un senso di piacere, come a sottolineare che in quel momento era totalmente suo. La mano iniziò a premere sulla testa di Orlando, ad accompagnarlo nel movimento. Non voleva soffocarlo, non faceva troppa pressione, ma non ce ne era bisogno: Orlando stava facendo un ottimo lavoro e lo succhiava davvero bene. 

Jonas si stava godendo il pompino, quando Orlando si staccò, si voltò e si mise a cavalcioni della credenza. Aveva una gamba sul piano ed una a terra, ed aveva il culetto totalmente esposto. Inarcò la schiena. Jonas non vedeva l’ora di tuffarsi in quel ben di Dio. Si mise dietro ad Orlando, e mise le sue mani sulle sue anche. Avvicinò il suo cazzo al fondoschiena di Orlando, fino ad appoggiarglielo.

“Forse è meglio se prendi il lubrificante”

“Non ce n’è alcun bisogno” rispose Orlando. Si sentiva pronto: era aperto, e si era bagnato da solo. Non ne poteva più, non riusciva a pensare ad altro che ad avere dentro il cazzone di Jonas.

Jonas premette forte, e il suo cazzo affondò nel culetto di Orlando senza incontrare alcuna resistenza. Era caldo, stretto, lo avvolgeva completamente. Tornò a mordergli il collo – deve essere una sua mania, pensò Orlando – e la cosa gli piacque. Jonas si iniziò a muovere. Sembrava aver perso l’impeto iniziale, ora si muoveva lentamente ma a fondo. Orlando si sentiva pieno, avvertiva che ogni spinta gli arrivava a metà pancia, facendolo sentire… colmo, appagato, riempito. Non si era mai sentito così prima, era come se i suoi sensi fossero acuiti, se il suo culetto, ormai animato di volontà propria, non volesse altro che essere riempito. Jonas ora ci aveva preso gusto e si muoveva velocemente, ma la posizione doveva averlo stancato, perché uscì da lui – e la cosa non gli era piaciuta affatto.

Prese Orlando di peso e lo appoggiò sul tavolo della cucina. Gli alzò le gambe ed ordinò ad Orlando di prendersi le caviglie fra le mani, poi si chinò. Orlando non se lo aspettava, ma Jonas prese di scatto il suo cazzo fra le labbra. Una sensazione di piacere si irradiò a partire dal suo cazzo, ma c’era qualcosa che mancava… e Jonas doveva averlo capito da solo: due dita entrarono nuovamente nel suo culetto. Jonas doveva saperci fare: muoveva le dita allo stesso ritmo con cui pompava, in un movimento sincrono che stava iniziando a mandare fuori di testa Orlando. Il ragazzo sapeva pompare proprio bene, perché prendeva il cazzo di Orlando fino in gola, e la cosa sembrava piacergli molto.

“Dentro… mettilo dentro, ti prego”

Non sapeva come queste parole gli fossero uscite, ma lo aveva detto. Lui, che era sempre stato piuttosto timido, ora stava implorando per avere un cazzo dentro. Si, quel demone gli aveva fatto qualcosa, lo aveva resto più intraprendente di quanto non fosse mai stato in precedenza.

Jonas non se lo fece ripetere due volte.

“Lo vuoi piccola puttanella? E allora prendi il mio cazzone…”

La posizione fece sì che il cazzo di Jonas penetrasse completamente, fino alle palle, subito. Non ci mise più di un secondo a metterglielo totalmente dentro, ma Orlando gemette così forte che si domandò se qualche altro vicino non lo avesse sentito. Jonas sembrava amare la nuova posizione, che gli permetteva di guardare Orlando in viso mentre lo penetrava. La sua espressione di intenso piacere lo faceva sentire uno scopatore di prim’ordine, e i gemiti che accompagnavano ogni spinta erano intensi. Fu a quel punto che si impadronì del cazzo di Orlando e iniziò a segarlo. Anche se “segarlo” era un termine improprio: muoveva la sua mano lentamente, ma la sua presa era strettissima, cosicché Orlando provava, inevitabilmente, un piacere ritardato. Si chinò a leccargli un capezzolo, senza smettere un secondo di scoparlo. Pensò che fosse buono: la pelle di Orlando era liscia e vellutata, e vagamente salata per via del movimento che stava facendo. Si spostò verso le labbra e, per la prima volta, lo baciò. Orlando rispose al bacio, ma con scarso interesse. Non sembrava che la cosa lo interessasse più di tanto, sembrava che fosse in totale secondo piano rispetto al cazzo (quel cazzo fantastico che lo stava facendo bagnare come la peggiore delle ragazzine) che lo stava penetrando. Jonas aumentò le spinte, e ritornò ad impossessarsi del suo cazzo, mentre con l’altra mano iniziò a giocare con un capezzolo, stringendolo, tirandolo e torcendolo.

“Vedi, troietta, io ho una regola: le mie cagnette vengono sempre prima di me. Quindi ora ti scoperò forte fino a che non ti sentirò venire.”

Orlando non pensava che ne avrebbe mai avuto abbastanza, ma la mano di Jonas si stava muovendo velocemente sul suo cazzo. Ora era diventata una vera sega. Non ci mise molto per giungere al limite.

“Sto per… venire”

La mano di Jonas si fermò di colpo e strinse corse il cazzo di Orlando. Sorrise maligno.

“Oh, no. Devi chiedermelo. E vedi di essere convincente.”

“Ti… prego… fammi venire”

“Meglio. Ti sei meritato il tuo premio, cagnetta.”

Jonas riprese a segarlo. Tirò fuori totalmente il suo cazzo e lo ficcò dentro di nuovo, di scatto. Continuò così fino a quando non sentì che Orlando era al limite.

“Non… non resisto più, Jonas, ti prego…”

Jonas, dopo averlo tirato fuori un’ultima volta, lo rimise dentro e lo tenne ben ficcato nel culetto di Orlando. Nel mentre, continuò con la sega ad un ritmo forsennato… fu allora che Orlando venne. 

Venne in un modo forsennato, come non era mai venuto prima. Si imbrattò tutto l’addome.

Jonas, dal canto suo, sentì il culetto di orlando stringerlo al ritmo della sua sborrata. Era fantastico. Prese un po’ della sborra di Orlando e la passò sul capezzolo che aveva appena finito di martoriare: era rosso ed irritato, ed Orlando gemette di dolore, ma a Jonas non importava. Ora poteva riempire quel culetto fantastico. Intensificò le spinte finché non sentì di stare per venire.

“Ora ti ingravido piccola troietta”

E venne, sbuffando come un mantice, dritto nel culetto di Orlando. Anche quest’ultimo gemette al ritmo della sua sborrata: ora finalmente si sentiva pieno, soddisfatto, sentiva gli schizzi di sborra riempirlo e il cazzo di Jonas ingrandirsi.

Poco dopo, Jonas si sfilò dal culetto, che ora grondava sborra. Si disse che era un piacere vedere quel fantastico fondoschiena pieno della sua sborrata. Riprese i suoi vestiti e se li rimise, senza dire una parola.

Orlando si alzò, e andò a prendere lo zucchero dallo scaffale.

“Era per questo che eri venuto, no?” disse sorridendo.

“Oh, puoi tenerlo” replicò Jonas “il caffè mi piace amaro. Ma potrei averne bisogno per una torta, nel qual caso… verrò a chiedertelo di nuovo”. Il suo sorrisetto non lasciava dubbi a che tipo di “torta” si stesse riferendo.

“Non vedo l’ora” disse Orlando, e accompagnò con lo sguardo Jonas, che dopo averlo salutato con un cenno della mano, uscì dal suo appartamento senza dire una parola.

Per la prima volta dal mattino, si sentiva soddisfatto. Non sapeva per quanto sarebbe durata la sensazione di appagamento, ma aveva una calma addosso che lo faceva sentire contemporaneamente stanco (di sicuro la scopata non era stata riposante) e felice. Si fece una doccia e riscaldò la sua cena, poi si mise il pigiama e si mise a letto. Fu a quel punto che una nuova ondata di insoddisfazione lo travolse… ma di questo, si disse, si sarebbe occupato il giorno successivo.